La patria dei divieti

Quanto erano più allegre e divertenti le spiagge anni 70. Il caos ombrelloni, bimbi che giocavano a pallone, piste per biglie e tappini e poi i giochi da estate, quelli che tutti gli anni il merchandise proponeva. Qualcuno commenterà il caos, forse è pure vero, ma erano genuine, come genuini erano i "frigo" giostyle, i tavolini, le sdraie e quant’altro l’armamentario anni 70 imponeva.

Ci pensavo sdraiato sotto l’ombrellone mentre constatavo la desolazione delle spiagge dei nostri giorni, oramai in spiaggia non si fa più niente; ma sopratutto non si può fare più niente. Siamo pieni di divieti, siamo diventati degli isterici fighetti, non ci sta mai bene niente. Tutti fini signori, non si può certo sopportare il pallone o il fresbie che ci passano vicino. Nel paese dei divieti ovviamente c’è subito qualcuno pronto ad assecondare l’arroganza dell’ignoranza; quanto staremo a chiedere che sia vietato il fumo? o mangiare in spiaggia? o quant’altro; quando poi all’arroganza si somma il bigottismo la miscela diventa micidiale, e allora lungomare vietato se non si è consonamente vestiti, a quando sarà richiesto giacca e gravatta per i signori e talier per le signore? E poi ci indignamo per un burka  o un fazzoletto.

La cosa più assurda è che come sempre si vieta senza pensare alle alternative, senza rispettare chi la pensi diversamente; in un paese serio si può anche vietare di giocare a pallone in spiaggia, ma si attrezza il retro con dei campetti giusto per chi voglia giocare (e perchè no socializzare) col gioco del pallone; idem con il volley e con qualsiasi altro sport/hobby praticabile in spiaggia. Da noi si vieta e basta, è più semplice meno costoso; e sopratutto è un metodo per omologare la gente a stereotipi e abitudini care al mercato. Lo abbiamo visto con l’assurda legge antifumo, con la campagna bigotto/moralizzatrice sul decoro per chiese e gradinate dell’anno scorso; presto lo vedremo con la campagna anticentimetriditroppo poi sarà la volta dell’alcool ….e poi arriveremo al caffè, speriamo non si arrivi "alla frutta"; anzi mi sa  che  siamo già alla frutta.

5 Risposte a “La patria dei divieti”

  1. Negli anni 70 non c’ero ancora, ma il ricordo delle estati della mia infanzia (correvano gli anni 80), in spiaggia fino al tramonto, a giocare…

    L’estate era il caos, era mamma che ti rincorreva quasi sul bagnasciuga per tirarti fuori dall’acqua e farti mangiare, era fare la spola tra un ombrellone e l’altro…era caotica sì, ma meravigliosamente vera…

  2. Anch’io sono contrario ai divieti, alle proibizioni e ad una iper-regolamentazione di tutto.
    Facendo molti sports, mi noia parecchio scoprire di doverli praticare seguendo regole bizantine, di solito valide per brevi periodi e applicate con discrezionalità.
    Per quanto riguarda il pallone e tutte le sue possibili applicazioni, invece, sono assolutamente favorevole alla sua più totale proibizione sull’intero territorio nazionale.
    Persino di vendita! 😉
    Aloha

  3. al: quando vedo il pallone in mano ai professionisti non posso che concordare con te 🙂 Ma io mi riferivo al pallone da campetto parrocchiale

    ld: Sarà il piacere del ricordo che ce lo rende bello ai nostri occhi 😉

  4. Bè ci sono regole di civile convivenza che vanno rispettate…le spiagge sono sempre più affollate e, a volte, diventa difficile tollerare chi ti gioca vicino con il pallone…sono contraria ai divieti, tuttavia forse la gente dovrebbe imparare a moderarsi da sola…va bè…questo è senza dubbio una pia illusione 🙂

  5. No, non è una pia illusione; è un ragionamento giusto; anche se difficile che si avveri

    Però è assurdo vietare tutto perchè da noia e non creare alternative. O meglio si è liberi di farlo, ma non ci lamentiamo se i turisti vanno altrove.

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