La Multiutility spiegata ai bambini

Nella città di Paperopoli si sta per verificare una scelta importante, il sindaco Paolino Paperino si sta prodigando per convincere i consiglieri Qui,Quo,Qua a votare a favore di una delibera che preveda la creazione di una multiutility per la gestione dei servizi. Purtroppo i nipoti sono piuttosto restii e la popolazione non ne vuole proprio sapere.

Il Mercato e l’intellighenzia che lo governa

Ma riavvolgiamo il nastro e partiamo dall’inizio, qualche mandato prima il sindaco Paperoga aveva ceduto la gestione idrica a un azienda privata convinto dalla mano lunga del mercato (aiutato dalla stessa mano lunga con quindici giorni offerti in un paradiso tropicale) e dai consiglieri neoliberisti dai perenni conti in rosso e previsioni cannate che amavano dire “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità” , “privato è bello, privato è meglio”, “bisogna fare qualche sacrificio” , “dobbiamo scegliere tra l’aria condizionata e il gelato al pistacchio” etc. etc..

Visto che la legge dello stato di Topolinia non consentiva la cessione a privati delle reti pubbliche di distribuzione, il comune era rimasto proprietario dei tubi ma aveva dato al mercato la gestione del servizio lasciandosi qualche quota societaria.

In questa storia entra poi vari cugini stranieri, o comunque foresti, e amici di amici che dovevano teoricamente portare capitali e competenze ma che in realtà portano via tanti soldi in consulenze e lasciano conti in rosso. Per pagare i cugini, remunerare il mercato , pagare lauti stipendi ai manager e amministratori e in qualche modo far quadrare i conti le tariffe dell’acqua schizzarono a livelli da record mondiale.

In tutto questo il comune di Paperopoli apparentemente prendeva pure lui i suoi dividendi, peccato che in quanto proprietario dei tubi dovesse poi spenderli per gestire questi ultimi (spesso affidando scelte e controllo dei lavori ai soci privati) molto più di quanto non gli arrivasse dalle società.

Arrivò un giorno in cui gli abitanti dello stato di Topolinia furono chiamati a esprimersi sulla ripubblicizzazione dell’acqua, e malgrado tanta campagna denigratoria, la scelta fu chiara e netta. I cittadini volevano l’acqua pubblica!

Passarono i decenni ma niente cambiava perché “non c’era i soldi”, ad un certo punto i contratti di gestione arrivarono a scadenza naturale e malgrado furbesche proroghe era chiaro che serviva inventarsi altro per mantenere lo status-quo. Gattopardianamente “bisogna che tutto cambi affinché tutto rimanga com’è” deve aver pensato la solita mano lunga del mercato radiocomandata dall’ufficio del forziere di zio Paperone .

Il mercato suggeri così la creazione di una multiutility che mettesse insieme vari servizi (acqua, energia, nettezza etc.) creando una mega società da quotare in borsa. Li, in quel magico luogo dove tutto si trasforma in oro, è sempre natale, i muti possono parlare e tutto è possibile.

Quel maledetto impiccione di Archimede però fece due conti per i comitati e dimostrò che fatto 100 il valore immesso dal mercato nella società sarebbero occorso 200 di utili per remunerare gli investitori. E comunque ai soci istituzionali sarebbero toccate le briciole che avrebbero comunque dovuto reinvestire forzatamente nelle reti. Per trovare questo fiume di remunerazioni sarebbe stato necessario aumentare nuovamente le tariffe. Ora Archimede era un noto gufo comunista, ma Qui, Quo e Qua essendo molto vispi colsero subito che qualcosa nel ragionamento generale non andava e Archimede aveva ragioni da vendere e il buon Paolino Paperino non riuscendo a tenere testa alle osservazioni dei nipoti si prese una piccola pausa e andò a fare due chiacchiere con Nonna Papera che si sa di bilanci familiari se ne intende.

Nonna Papera dall’alto della sua saggezza spiegò che il salvadanaio non andava diviso, anzi non andava proprio riempito e che i dubbi dei nipoti erano tutti legittimi. Certo forse Archimede esagera un po’ ritenendo l’unica soluzione valida di gestione un Ente pubblico o un consorzio pubblico, ma di sicuro il mercato stava proponendo un disastro che faceva acqua sotto tutti i punti di vista e che avrebbe arricchito solo zio Paperone che teneva i capitali da investire in borsa.
Paolino Paperino che era sicuramente un po’ ingenuo e bonaccione ma non di certo uno sprovveduto fece tesoro delle considerazioni di Nonna Papera e comincio a pensare che la exit-strategy perfetta che accontentava tutti non potesse che essere scegliere il male minore: una azienda interamente a capitale pubblico, se pur di diritto privato, che avesse come principale obiettivo e core business fornire servizi competitivi ai cittadini e non fare dividendi.

Paolino Paperino si dimostrò molto più saggio di blasonati amministratori Toscani del ventunesimo secolo.